sabato 22 febbraio 2020

Ricordi di guerra

Quando il 17 febbraio 1943, i bombardieri americani sganciarono le bombe a frammentazione su Gonnosfanadiga, facendo strage di civili innocenti, erano convinti di essere giunti alla loro meta: l' aeroporto militare Trunconi - Su Campu 'e Pranu- che si trovava tra Serramanna e Villacidro. Quella fu solo la prima delle tante incursioni aeree. Alla gente, terrorizzata dal pericolo, non restava altro da fare che correre a ripararsi nei rifugi.
Rita, che ora ha 86 anni, allora ne aveva appena 13, ma ricorda bene delle lunghe ore trascorse nella stanzetta sotto casa sua
«Appena le campane della chiesa cominciavano a suonare, mamma acchiappava i miei fratellini più piccoli e correvamo tutti a metterci al sicuro. Solo mio fratello, che allora aveva 10 anni, si rifiutava di venire con noi: lui voleva vedere cosa succedeva, così scappava fuori e tornava solo dopo che l'attacco era finito. Nel nostro rifugio ci stavano una ventina di persone, perciò insieme a noi, a condividere la paura e l'attesa, c'erano sempre anche le nostre vicine di casa. All'ingresso si accendeva "sa lantia" e chi aveva più paura andava a mettersi infondo alla stanza che era fatta a forma di elle. Mi ricordo che mia mamma e le altre donne ci dicevano "Pregate, pregate!” e per tutta la durata dell'allarme, imploravano:
“Santa Brabara e Santu Jacu
Bosu potaisi is craisi de lampu
Bosu potaisi is craisi di cieu,
no tocheisi fillu alleu, ne in domu ne in su sattu,
Santa Brabara e Santu Jacu." e, mentre loro terrorizzate pregavano tutti i santi, noi ragazzini, che non capivamo la gravità della situazione,"si da pigaiausu ai spassiu" e ridevamo. Quando l'attacco finiva e finalmente lasciavamo il rifugio, arrivavano le notizie di ciò che era successo: qualche volta c'erano vittime tra le persone che erano a lavoro in campagna e non si erano potute nascondere, oppure capitava che aerei abbattuti cadessero vicino a Serramanna.»
Anche Agnese, che all'epoca era piccolina, si ricorda i momenti trascorsi nel rifugio «Nei muri mettevamo tante immaginette sacre affinché ci proteggessero e tutti insieme recitavamo “Santa Maria fa che gli inglesi perdano la via”» Nonostante le lacrime, la paura ed il dolore, tra i ricordi di Agnese riaffiora anche qualcosa di bello « Mi ricordo che tre soldati che stavano nelle casermette vicino a Sant'Angelo, si erano affezionati alla mia famiglia e venivano spesso da noi: portavano dei pacchi di pasta e mia mamma gliela cuoceva. Erano giovanissimi e avevano paura, proprio come noi. Uno di loro, alla fine della guerra non è più andato via: ha trovato l'amore e si è sposato con una ragazza di Serramanna.»
Francesca Murgia

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