venerdì 18 marzo 2016

Vigilia (racconto natalizio di Francesca Murgia)

In alto, nello sconfinato cielo senza inizio e senza fine, viveva una stella che trascorreva il suo tempo a curiosare sulle abitudini di vita nei pianeti intorno a lei. Aveva deciso di scrivere un libro illustrato su usi e costumi dei popoli dell'universo. Scrutava in ogni direzione aiutandosi con il suo telescopio e scriveva le informazioni che raccoglieva su di un piccolo block notes. Voleva essere la prima stella scrittrice di tutto l'universo.
Quando cominciò a scrivere il capitolo sulle feste tradizionali della via lattea, puntò il suo telescopio verso il pianeta blu: la Terra.
Era il 24 Dicembre e la stella sapeva che in quella data, molti residenti, festeggiavano una ricorrenza che si chiamava "Vigilia di Natale".
Guardò a destra e poi a sinistra. Il potente zoom, avvicinava l'immagine milioni e milioni di volte. Inquadrò prima la Terra e poi l'Europa. L'isola chiamata Sardegna spiccava in mezzo al mare e la stella puntò l'oculare dritto verso il Medio Campidano, sopra un alto campanile dalla pianta ottagonale. Le lancette del grande orologio in cima al monumento indicavano l'ora: le 8.14 pomeridiane. Mancavano meno di 4 ore a Natale. Osservò la lunga via principale, sulla quale transitavano alcune automobili e qualche persona a piedi. Le serrande dei negozi ancora aperti, si abbassavano una dopo l'altra: tutti avevano fretta di tornare alle loro case dove erano attesi dai parenti per condividere insieme l'abbondante cena della Vigilia. Molti, più tardi, sarebbero andati a messa, altri invece avrebbero fatto un'allegra partita a carte o a tombola. Le finestre illuminate incorniciavano sereni quadretti familiari: mamme indaffarate che preparavano la cena, caminetti accesi con dentro la carne che arrostiva lentamente, alberi di Natale colorati, bambini che aspettavano Babbo Natale e persone sorridenti che non vedevano l'ora di mangiare e aprire i regali. In mezzo a tutta quella bella luce che usciva dalle case, però, spiccava una finestra animata solo da un debole chiarore. La stella, incuriosita, sbirciò dentro e, oltre il vetro sottile, vide una giovane donna che guardava fuori, verso di lei...
"Stellina bella, proteggi il mio bambino che presto nascerà e aiutaci a risolvere i nostri problemi" pregava piangendo, accarezzandosi la pancia, la ragazza alla finestra. Il tavolo dietro di lei non era apparecchiato e al centro ardeva una candela, sola fonte di luce in tutta la casa.
Non era un bel periodo per Maria e suo marito Giuseppe.
Si erano sposati due anni prima, quando lui lavorava come falegname in un mobilificio e lei era impiegata in uno studio notarile. Sognavano di avere una casa tutta loro e dei bambini, perciò, dopo un semplice rito civile al quale parteciparono solo il sindaco ed i testimoni, chiesero un prestito in banca e acquistarono una vecchia casetta che con qualche lavoretto di restauro divenne abitabile. Per vent'anni, ogni mese avrebbero dovuto restituire alla banca cinquecento euro. I primi mesi della loro vita insieme furono bellissimi, ma la loro felicità non era destinata a durare: il mobilificio nel quale lavorava Giuseppe, chiuse all'improvviso. Il proprietario dichiarò fallimento e non pagò quanto doveva a nessuno dei suoi dipendenti. Dopo appena un mese, il notaio presso il quale lavorava Maria, morì di un brutto male che nemmeno sapeva di avere e il suo studio venne chiuso. I due sposi si ritrovarono entrambi senza lavoro e con il mutuo da pagare. Fu allora che Maria scoprì di aspettare un bambino. La cosa che tanto desideravano era successa nel momento più difficile della loro vita. Cercarono nuovi lavori, ma in quel periodo di profonda crisi dello Stato Italiano, nessuno voleva assumere nuovi dipendenti. I pochi soldi che la coppia aveva da parte finirono presto e non poterono più pagare il mutuo. La pancia di Maria cresceva e Giuseppe dovette arrangiarsi a fare qualche lavoretto in nero per poter fare almeno la spesa e mangiare. Non avevano più la corrente elettrica perché non avevano pagato alcune bollette. La candela era la sola luce che potevano permettersi. Giuseppe rifiutava di rivolgersi agli assistenti sociali per farsi aiutare: voleva essere lui a provvedere alla sua famiglia e poi aveva paura che se avessero saputo che erano in grande difficoltà, appena il loro bimbo fosse nato, gliel'avrebbero portato via e dato in affidamento ad un'altra famiglia. Presto però le cose sarebbero cambiate: il 2 Gennaio sarebbe partito in Germania da suo cugino Giovanni e avrebbe cercato lavoro lì. Maria avrebbe partorito a metà Gennaio e, con il bambino, sarebbe andata a vivere per un po' da sua cugina Elisabetta: la casa che avevano tanto desiderato bisognava affittarla per recuperare un po' di soldi per andare avanti.
Maria si asciugò le lacrime e si voltò verso il suo Giuseppe che, con alcuni rami trovati in campagna, cercava di accendere un fuocherello dentro al camino. La loro cena della vigilia sarebbe stata una tazza di latte che avrebbero scaldato accanto al fuoco: anche la bombola del gas era finita...
Un dolore fortissimo alla schiena le fece trattenere il fiato e capì che il suo bambino aveva deciso di nascere in anticipo. Giuseppe smise di armeggiare con la legna e corse da lei. "E' una tragedia! Bisogna andare in ospedale!" le disse spaventato e si ricordò che la loro auto era guasta e che anche il cellulare era senza credito.
"Vai a chiedere ai vicini di farti chiamare un'ambulanza" disse lei sentendo un'altra contrazione. Lui corse fuori e bussò alla porta della casa a fianco, ma si ricordò che erano a cena dai parenti. Provò altre tre case, ma nessuno aprì. Tornò di corsa da Maria.
"Non trovo nessuno! Vado a piedi dal medico e lo faccio venire qui..."
"No Giuseppe, resta con me: credo che il bambino stia proprio nascendo...non c'è tempo!" gli disse tra le lacrime, sentendo un'altra contrazione fortissima. Lui l'accompagnò in camera, aiutandola a distendersi nel letto e con coraggio decisero di affrontare da soli quel parto improvviso.
Intanto la stella ascoltava e leggeva nei loro pensieri i problemi, le paure e le speranze dei due innamorati e capì che non poteva lasciarli da soli ad affrontare quella prova. Non sarebbe rimasta a guardare da lontano senza fare nulla: mise via il telescopio e, senza nemmeno perdere tempo a preparare i bagagli, volò a velocità supersonica verso il lontano Medio Campidano. Era talmente veloce che dietro di lei si formò una lunghissima scia luminosa e, quando atterrò sulla casetta di Giuseppe e Maria, il paesetto s'illuminò come se fosse mezzogiorno. Invece, era mezzanotte e, in quell'istante, il grido di Maria che partoriva, ruppe il silenzio della notte. Mentre le campane del campanile ottagonale rintoccavano a festa, la gente uscì dalle case per vedere quella luce magica che si era posata sul tetto di Maria e Giuseppe. Il pianto del bambino appena nato entrò nei cuori degli abitanti del paesetto e tutti, nelle loro possibilità, si affrettarono a dare una mano d'aiuto: qualcuno chiamò il medico ed un'ostetrica, qualcun altro portò un po' di legna e accese un caldo fuoco per riscaldare la casa. Scatole di corredino per neonato, pannolini, una culla, un fasciatoio ed una carrozzina, invasero la casa. Il meccanico portò via la macchina di Giuseppe per aggiustarla subito. Il frigorifero, venne riempito di provviste e tornò perfino la corrente elettrica. Una bombola di gas piena prese il posto di quella vuota e qualcuno preparò il caffè per tutti. Era una processione di gente che portava la sua solidarietà alla piccola famiglia. Quando arrivò l'ambulanza per trasportare Maria ed il suo bambino in ospedale, Giuseppe, uscì di casa con le lacrime agli occhi ringraziò per la grande generosità. Gabriele, un artigiano del paese, gli si avvicinò e, dandogli gli auguri per il lieto evento, gli disse «Sto cercando qualcuno che mi aiuti nella mia falegnameria. So che tu sei bravo. Se vuoi, puoi cominciare il 2 Gennaio» e gli mise in mano una bustina bianca con dentro un po' di soldi.
Maria ed il suo piccino vennero portati fuori di casa, su una barella. I compaesani applaudirono felici.
Prima che le porte dell'ambulanza si chiudessero, la giovane mamma guardò la stella che, da sopra la sua umile casa, illuminava il paese.
“Grazie per il grande dono che ci hai appena fatto, stellina. Ti chiedo solo un'altra cosa: aiuta mio figlio a crescere felice nella sua Terra e la sua generazione a salvare la nostra isola. Fai in modo che la Sardegna torni ad essere un luogo prospero per tutti e che nessuno debba mai più emigrare perché non sa come fare a sopravvivere.”
Quando l'ambulanza si allontanò silenziosa, la stella si sollevò in volo e lentamente tornò in cielo. Sotto di lei, la piccola folla si disperse e tutti rientrarono nelle loro case, andando finalmente a dormire.

Giunta a destinazione, la stella prese il suo bloc notes e cominciò a scrivere la storia della vigilia di Natale. Sicuramente un editore l'averebbe pubblicata in un libro e lei avrebbe realizzato il suo sogno: sarebbe diventata la prima stella scrittrice dell'universo!
FrancescaMurgia



(Racconto pubblicato sulla Gazzetta del Medio Campidano  http://www.lagazzetta.eu/  )

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